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Incidente stradale: indennizzo diretto anche con più auto



La procedura di indennizzo diretto è ammessa anche se la collisione riguarda più di un’automobile. In caso di incidente stradale che abbia coinvolto più di due automobili è ugualmente possibile la procedura di indennizzo diretto, ossia la richiesta di risarcimento alla propria assicurazione (anziché a quella del responsabile del sinistro). Ma sempre a condizione che la colpa dell’incidente sia di un solo automobilista. Se invece la responsabilità va ripartita tra più conducenti non opera più l’indennizzo diretto e la richiesta di risarcimento andrà fatta alla compagnia di chi ha violato il codice della strada. È questo l’importante chiarimento fornito di recente dalla Cassazione [1].


Viene così reinterpreta, dopo 12 anni, la legge sui risarcimenti da incidenti stradali nata nel lontano 2005 [2] con l’intento di favorire i danneggiati e velocizzare le pratiche di liquidazione degli indennizzi. La procedura di indennizzo diretto – chiarisce ora la Suprema Corte – è ammissibile anche in caso di sinistro che abbia riguardato più di due veicoli, con esclusione della sola ipotesi in cui, oltre al veicolo dell’istante e a quello nei cui confronti questi rivolge le proprie pretese, siano coinvolti ulteriori veicoli responsabili del danno.


La legge prevede il ricorso al «risarcimento diretto» – ossia l’obbligo per l’automobilista danneggiato di chiedere l’indennizzo non all'assicurazione del responsabile dell’incidente, ma alla propria, che poi si rivarrà sulla prima – in presenza dei seguenti presupposti:

  • sinistro avvenuto in Italia tra due veicoli a motore;

  • tutti gli automobilisti coinvolti nello scontro devono essere coperti dall'assicurazione obbligatoria, cosiddetta rc auto (in caso contrario, il risarcimento viene versato dal Fondo di Garanzia Vittime della Strada);

  • le lesioni riportate dal conducente devono essere di «lieve entità» ossia non devono superare il 9% di invalidità. Non ci sono limiti invece per quanto riguarda i danni al veicolo o alle cose di proprietà dell’assicurato che, anche se elevati, non compromettono il ricorso alla procedura di indennizzo diretto;

non devono essere coinvolti, oltre al danneggiato e al danneggiante, «altri veicoli responsabili». Proprio quest’ultimo punto è stato sempre interpretato in modo molto restrittivo, ritenendosi che l’indennizzo diretto andava escluso nel caso in cui nell'incidente fossero coinvolti più di due mezzi. Interpretazione sbagliata, sottolinea la Corte, che rimarca l’attenzione sul dato letterale della norma: la legge parla di «altri veicoli responsabili» (e non, invece, «altri veicoli»). Questo significa che: se l’incidente riguarda più auto, ma una sola è responsabile dell’evento, resta applicabile l’indennizzo diretto e tutti i danneggiati potranno richiedere il risarcimento alla propria compagnia;

se l’incidente riguarda più auto, e diverse sono quelle responsabili dell’evento, non opera più l’indennizzo diretto e la richiesta di risarcimento andrà presentata alla compagnia del diretto responsabile.

Adesso sarà quindi possibile utilizzare il sistema del risarcimento diretto anche quando nel sinistro stradale siano rimaste danneggiate più di un’auto; resta invece esclusa solo l’ipotesi in cui i conducenti degli ulteriori mezzi coinvolti abbiano una loro responsabilità. Tale procedura infatti, non può essere applicata nel caso in cui il risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli sia evento unitario scaturente da una pluralità di condotte illecite. Se dunque, nel tamponamento a catena o negli scontri tra più di un’auto, c’è più di un responsabile, il danneggiato dovrà rivolgere la richiesta di risarcimento all'assicurazione delle controparti.


Per quanto riguarda, invece, i danni del passeggero (cosiddetto «terzo trasportato») che abbia subito lesioni in conseguenza del sinistro agire per ottenere il risarcimento nei confronti dell’impresa di assicurazione della responsabilità civile automobilistica del veicolo su cui era seduto al momento dell’incidente.


[1] Cass. ord. n. 3146/2017. [2] Art. 149 d.lgs. n. 209/2005.


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