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Brillo alla guida: per l’incidente al passeggero spetta il risarcimento?


Il passeggero, trasportato dal conducente ubriaco o brillo, ha diritto a ottenere comunque il risarcimento dei danni dall'assicurazione, anche se era consapevole del pericolo. Immaginiamo, al termine di una serata in discoteca o dopo una cena con amici, di accettare il passaggio da un amico che, durante la serata, ha “alzato troppo il gomito”, bevendo oltre i limiti consentiti dalla legge per chi si mette alla guida dell’auto. Il nostro è certo un comportamento discutibile: accettare il rischio di un possibile incidente stradale, pur consapevoli dello stato di alterazione alcolica del guidatore, è sicuramente poco prudente. Ma cosa prevede la legge al riguardo? In altre parole, se il conducente è brillo e il passeggero è consapevole di ciò sin da quando è salito sulla sua auto, in caso di incidente stradale quest’ultimo può ottenere comunque il risarcimento del danno dall'assicurazione? Oppure vale la regola «chi è causa del suo male pianga se stesso»? La questione è stata decisa, poche ore fa, dalla Cassazione [1]. Secondo la suprema corte, l’assicurazione non può rifiutare il risarcimento al passeggero che accetta il passaggio da un automobilista, anche se pienamente consapevole che questi ha bevuto. Non c’è, infatti, in tali casi un «concorso di colpa» del terzo trasportato, il quale, certo, non ha alcuna responsabilità nel sinistro stradale. Anche se l’evento si è verificato per esclusiva responsabilità del conducente brillo. Pertanto, l’indennizzo non può essere ridotto in ragione dell’imprudenza del passeggero e del rischio che questi ha consapevolmente accettato. Il concorso di colpa previsto dal codice civile [2] si può applicare soltanto in caso di cooperazione attiva nel fatto colposo del danneggiante.

L’orientamento appena sposato dalla Cassazione non è condiviso da tutti i giudici. Solo qualche anno fa la stessa Suprema Corte affermava l’esatto contrario [3]: in quel precedente (che tuttavia si riferiva al caso di un soggetto che accetti di salire su un’auto nel corso di una gara illegale tra auto) si è affermato: l’esposizione volontaria ad un rischio, o, comunque, la consapevolezza di porsi in una situazione da cui consegua la probabilità che si produca a proprio danno un evento pregiudizievole, è idonea ad integrare una corresponsabilità del danneggiato e a ridurre, proporzionalmente, la responsabilità del danneggiante [4].

[1] Cass. sent. n. 1295/17 del 19.01.2017.

[2] Art. 1227 cod. civ.

[3] Cass. sent. n. 11698/2014. Tra conformi e difformi vedi anche Cass. S.U.. sent. n. 24406/2011, n. 10526/2011, n. 27010/2005, 23426/2014, n. 23426/2014, n. 17333/2015. In senso conforme Cass. civ., 21 novembre 2011, n. 24406; Cass. civ., 13 maggio 2011, n. 10526; in senso contrario Cass. civ., 30 settembre 2008, n. 24320; Cass. civ., 7 dicembre 2005, n. 27010.

[4] In quanto viene a costituire un antecedente causale necessario del verificarsi dell’evento, ai sensi dell’art. 1227, primo comma, cod. civ., e, a livello costituzionale, risponde al principio di solidarietà sociale di cui all’art. 2 Cost. avuto riguardo alle esigenze di allocazione dei rischi (riferibili, nella specie, all’ambito della circolazione stradale) secondo una finalità comune di prevenzione, nonché al correlato obbligo di ciascuno di essere responsabile delle conseguenze dei propri atti. (Nella specie, in applicazione dell’anzidetto principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva ritenuto sussistente il concorso di colpa del danneggiato per aver partecipato come passeggero ad una gara automobilistica clandestina).

Il concorso colposo del danneggiato, che comporta ex art. 1227, comma 1, c.c. la conseguente e proporzionale riduzione della responsabilità del danneggiante, è configurabile non solamente in caso di cooperazione attiva del danneggiato nel fatto dannoso posto in essere dal danneggiante, ma in tutti i casi in cui il danneggiato si esponga volontariamente ad un rischio superiore alla norma, in violazione di norme giuridiche o di regole comportamentali di prudenza avvertite come vincolanti dalla coscienza sociale del suo tempo, con una condotta (attiva o omissiva che sia) che si inserisca come antecedente causale necessario nel processo causale che culmina con il danno da lui subito.

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