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Auto di lavoro: risarcimento doppio per l’incidente stradale



Il danno da fermo tecnico deve essere risarcito se l’automobile incidentata serve come mezzo per lo spostamento dovuto all’attività lavorativa.

Se fai un incidente stradale e l’auto deve stare per qualche giorno dal meccanico per le dovute riparazioni, hai diritto a un ulteriore risarcimento (oltre a quello sostenuto per la spesa dell’officina) se dimostri che tale mezzo ti serve per lavorare. È il cosiddetto «danno da fermo tecnico» riconosciuto costantemente dalla giurisprudenza e, da ultimo, da una recente sentenza del Tribunale di Firenze [1]. In pratica spetta un risarcimento doppio a chi non può usare l’auto di lavoro: uno per i danni economici conseguenti alle spese di riparazione, un altro per gli inconvenienti che derivano dal fatto di essere rimasti “a piedi”. Ma procediamo con ordine.


La legittimazione processuale dello studio associato

La sentenza in commento affronta preliminarmente un altro problema: quello del diritto a promuovere una causa in capo al rappresentante dello studio associato. Ad agire in giudizio – a prescindere dalla proprietà dell’auto di pertinenza dei singoli associati – può anche essere lo Studio come associazione professionale, in persona del proprio rappresentante. In proposito, la Cassazione [2] ha chiarito che lo studio professionale associato, seppur privo di personalità giuridica, rientra «a pieno titolo nel novero di quei fenomeni di aggregazione di interessi cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomi centri di imputazione di rapporti giuridici, muniti di legale rappresentanza». Il che significa che lo studio associato ha legittimazione processuale, attiva o passiva e può, ad esempio, chiedere un risarcimento del danno. Tali associazioni possono infatti «stare in giudizio nella persona di coloro ai quali, secondo questi accordi, è conferita la presidenza o direzione».


Il danno da fermo tecnico

Come abbiamo anticipato in apertura, chi non può usare l’auto di lavoro ha diritto a un doppio risarcimento: quello per le riparazioni e quello per la necessità di trovare mezzi alternativi per potersi recare in azienda, allo studio o al negozio. È il cosiddetto «danno da fermo tecnico».

Per «danno da fermo tecnico» si intende il pregiudizio economico subito dal proprietario dell’autovettura danneggiata a seguito di un incidente stradale derivante dall’impossibilità di utilizzarla per il lasso di tempo necessario alla riparazione della stessa. Anche durante la sosta forzata, infatti, l’auto continua a generare spese (si pensi, ad esempio, alla tassa di circolazione ovvero al premio della polizza assicurativa) comunque sopportate dal proprietario oltre alla naturale perdita di valore del veicolo a seguito del sinistro. Senza contare le spese necessarie a valersi di veicoli alternativi, come un taxi, un’auto in leasing o anche la semplice scomodità di dover chiedere un passaggio o l’auto di amici o parenti.


Il danno da fermo tecnico genera, più nel dettaglio, due sottotipi di danno: il danno emergente e il lucro cessante:

il danno emergente si configura ogniqualvolta il proprietario dell’auto dovrà sostenere delle spese vive per far fronte alla situazione determinatasi (ad esempio, costi di noleggio, costi di trasporto, costi di deposito, etc.). In altre parole, il proprietario del veicolo danneggiato subisce un danno emergente nel caso in cui si trovi a dover sostenere un esborso;

il lucro cessante, invece, si configura quando l’indisponibilità del bene incida negativamente sul patrimonio del danneggiato determinandone una perdita (si pensi al caso della impossibilità di svolgere il proprio lavoro per la mancata fruizione del mezzo) [3].

In ordine alla prova da fornire per dimostrare il danno da fermo tecnico, i giudici si sono divisi in due correnti di pensiero: secondo alcuni il danno non va dimostrato perché automatico (per usare un gergo tecnico, esso si considera «in re ipsa» ossia connesso al fatto stesso). Secondo tale orientamento, ciò che conta per la risarcibilità di un danno è che il danneggiato sia stato privato del veicolo per un certo periodo di tempo, anche a prescindere dall’uso effettivo a cui esso era destinato, giacché l’auto è, anche durante la sosta forzata, continua ad essere fonte di spese; secondo altri invece è necessario fornire la prova specifica della perdita economica subita. Pertanto il risarcimento per fermo tecnico del veicolo viene riconosciuto solo se la perdita patrimoniale che ne deriva può essere provata.


[1] Trib. Firenze sent. n. 512/17 del 17.02.2017. [2] Cass. sent. n. 15694/11. [3] Così “Circolazione stradale e RCAuto – Percorso operativo (Il Sole 24 Ore)” di Francesca De Luca.


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